La Didattica Digitale Integrata
Valutazione di alcune questioni
(su Agorà IRC novembre 2020 - anno I n. 1 p. 28-30)
Il 25 ottobre scorso è stata sottoscritta l’ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo in merito alle modalità e i criteri lavorativi da adottare in modalità a distanza. Tante sono le criticità, che nelle diverse fasi del tavolo di confronto, sono state avanzate dai sindacati, tanto da essere stata firmata solo da una parte delle OO.SS., altre non hanno firmato. Ad oggi si evidenzia che ancora per l’ennesima volta non si riesce a stabilire un dialogo di confronto sereno tra le OO.SS. e il ministero di Viale Trastevere. È doveroso ricordare, a tal proposito, che dallo scorso febbraio i docenti hanno messo in atto nuove strategie e metodologie di insegnamento ricorrendo dapprima alla DaD, in molti casi improvvisando e sperimentando nuovi scenari didattici; per poi a settembre trovarsi a fronteggiare la Didattica Digitale Integrativa. Entrambe le realtà perseguono una comune finalità: garantire il diritto costituzionale di istruzione ai nostri alunni. Ad oggi i docenti sono maggiormente consapevoli che progettare e insegnare in modalità a distanza richiede un dispendio di energie e formazione superiore rispetto alla didattica classica in presenza. Tuttavia, nell’ipotesi di contratto innanzitutto non si evincono incentivi economici, anzi nelle premesse è così specificato: “che dalla presente contrattazione non può derivare in alcun modo un onere finanziario aggiuntivo o ulteriore per lo Stato rispetto a quanto stabilito dall’articolo 58, commi 5 e seguenti, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, e dall’articolo 7, comma 10-sexies, del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162”. È doveroso richiamare l’attenzione sul lavoro dei docenti, sia per quanto riguarda l’aspetto di intensificazione del lavoro sia per quanto riguarda l’eventuale aggiornamento hardware o software a cui i docenti tutti dovrebbero aver diritto. Sotto questo secondo aspetto si è più volte detto, con forma e fare molto superficiale: “ma i docenti hanno la carta docente”! Ricordiamo che finora è stata limitata ai soli docenti di ruolo, pertanto i tantissimi supplenti a vario titolo non ne possono usufruire. Perché non trasformare questa carta docente in una voce interna al cedolino mensile sulla base di 500/12 (41,67€ al mese per tutti). Per ora nel contratto è previsto il ricorso a investire da parte delle scuole esclusivamente sulla formazione dei docenti. È doveroso richiamare l’attenzione su un ulteriore aspetto che necessita di riflessione: diversi i milioni di euro investiti in banchi con le rotelle, il cui impiego nelle aule non fa altro che sottrarre spazio alla sicurezza, soprattutto nell’impossibilità di mantenere una posizione statica data la sua circolarità a 360 gradi, pertanto a rigore delle norme anti-covid per ogni banco a rotella a distanza di sicurezza bisognerebbe sottrarre 4 banchi classici dall’aula. Un vero spreco di denaro! Ad oggi, tutti questi banchi a rotelle sono accantonati per lo più nelle palestre o nei corridoi delle nostre scuole. Ammesso anche l’utilizzo in sicurezza, si connota un ulteriore difficoltà, di gran lunga non ragionata probabilmente dalla Ministra Azzolina: uno studente di un liceo classico per poter tradurre la versione di greco o latina avrebbe solo lo spazio per posizionare sul banco il foglio protocolla e la penna, lasciando alla fantasia dove collocare il dizionario e il foglio con il testo da tradurre. Anche qui soldi pubblici che potevano certamente essere investiti sul rinnovo del contratto o sotto forma di indennità per la DDI fino al perdurare dell’emergenza. Ma non è solo questo … c’è molto altro che potremmo continuare ad elencare. Ancora una volta i docenti vengono declassificati economicamente nell’esercizio della loro professione.
Ecco “alcune” criticità, poiché in realtà sono molte di più, dell’ipotesi del contratto:
l’art. 1 si intitola: Casi in cui si può ricorrere alla DDI e durata del CCNI: prevedendo anche che qualora siano sospese le attività didattiche in presenza si ricorra alla DDI, garantendo però la frequenza in presenza per gli studenti con disabilità con bisogni educativi speciali. Se da un lato questa forma di garanzia prevede tutta una serie di benefici verso gli studenti più fragili e in difficoltà, è opportuno sottolineare che una delle criticità è sicuramente relativa al percorso di inclusione. Provate a immaginare la scena: aula, docente in orario, docente di sostegno e studente BES. Già il solo pensiero di fare lezione in aula vuota è qualcosa che limita la professionalità del docente. Forse sarebbe il caso di agevolare i docenti dall’erogare la DDI dalle proprie case sotto la formula dello smart-working. Oltre che limitare spostamenti e affluenze ai mezzi di trasporto, erogando la DDI dal proprio salotto o dal proprio ambiante familiare sarebbe un alleggerimento dello stress psicologico rispetto al trovarti in classe da solo, o in tre.
L’articolo 3 presenta la “Ripartizione dell’orario di lavoro del docente”: non sembra accorgersi di una consapevolezza da parte del ministero di un sovraccarico di lavoro per i docenti, tuttavia ci sembra preoccuparsi che almeno le ore di cattedra siano articolate tra attività sincrona e asincrona.
L’art. 6 recita: “La prestazione di lavoro in modalità DDI è svolta in piena conformità con le normative vigenti in materia di ambiente, sicurezza e salute dei lavoratori che prevedono informazione e formazione come previsto dagli artt. 36 e 37 del decreto legislativo n. 81/2008”. Nonostante il richiamo al testo unico sulla sicurezza in modo esplicito e il documento pubblicato dall’INAIL sulle norme di sicurezza relativo al lavoro agile, non è sufficiente nell’ipotesi di contratto riferirsi a una norma che è stata pensata dal legislatore in una situazione di normalità. La sicurezza dei lavoratori nella scuola merita un ampliamento. Un aspetto da non sottovalutare è certamente quello correlato alla salute del lavoratore docente, insieme anche allo stress correlato da una nuova impostazione metodologica e professionale a cui rispondere. Pertanto, è necessario, se non addirittura doveroso, sollevare la questione relativa alla sicurezza, e non limitarsi a citare norme o leggi, sebbene ancora valide e in vigore. Giusto per portare un esempio in tema: l’esposizione al videoterminale per più di 20 ore settimanali: per un docente delle superiori 18 ore sono quelle in cattedra davanti a un pc; a queste bisogna aggiungere tutte le ore da dedicare alla predisposizione delle verifiche e le correzioni delle stesse, sempre dinanzi a un videoterminale; ancora, altre ore da dedicare alla preparazione e progettazione delle lezione e dei materiali; poi si devono aggiungere le ore di partecipazione agli organi collegiali, i colloqui con i genitori, il ricevimento settimanale … insomma un docente trascorre sicuramente molto più delle 20 ore settimanali previste dalle norme di sicurezza.
Infine, notiamo come manchino chiari elementi relativi alla vigilanza on-line degli studenti. Sebbene non in presenza, ma se dovesse accadere qualunque qualcosa (basti pensare anche all’uso della telecamera spenta) durante una lezione in modalità DDI, in che maniera il docente è responsabile dell’illecito del suo studente sotto la sua vigilanza?
È necessario che il Ministero si adoperi quanto prima a risolvere le finora citate criticità e anche quelle non descritte, proprio perché questa ipotesi di contratto ci sembra una toppa che rovina il bel vestito dell’insegnante. Sarebbe utile ingaggiare un buon sarto e cucire a mestiere un’ipotesi che dia dignità, sicurezza e professionalità alla categoria dei docenti, ormai da troppo tempo trascurata e impoverita.